Lessico dei Riflessi

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« Non è alfabetico, perché neppure il pensiero lo è.
Preferisce l’ordine interiore all’ordine imposto. »

Questo lessico non è ordinato in modo alfabetico.
Segue l’andare e venire di un pensiero intuitivo.
Ogni parola si riflette nell’altra.
Le anime si incrociano senza urtarsi.

Qui comincia il Lessico.
Lì dove ogni riflesso diventa passaggio.


Tutto è da condividere
Nulla mi appartiene davvero.
Nemmeno le mie idee, i miei dolori, i miei lampi di spirito.
Li lascio scivolare nella corrente,
perché qualcun altro possa servirsene, o riconoscervisi.
Condividere non è un gesto:
è un modo di respirare.


Incongruenza
Parola fuori posto, gesto fuori luogo, tono fuori tempo.
Ma è proprio lì che nasce il turbamento — e talvolta la verità.
Nell’Ego-Salon, l’incongruenza è una dolce sirena:
chiama, disturba, provoca una reazione.
Senza di lei, tutto sarebbe troppo ben ordinato per essere vivo.


Chiave
Apre. Oppure chiude.
Tutto dipende dalla mano che la gira.
In questo lessico, la chiave non è un oggetto:
è una domanda, una fessura, un bagliore di lucidità.
Spesso la si perde, ma a volte… è lei che ci dà la chiave.


Doberego
Protettore invisibile ma efficace.
Non morde, ma sente.
Custodisce la porta dell’Ego-Salon, con il suo fiuto silenzioso.
È un cane leale, addestrato non ad abbaiare, ma a fiutare l’intenzione.
Nessuna critica mascherata gli sfugge.


Stetoscopio per l’anima
Strumento immaginario, ma indispensabile.
Il Dr. Fritz lo usa per ascoltare ciò che non si dice.
Non rileva i battiti del cuore. Percepisce le vibrazioni del silenzio, i sospiri nascosti e le lacrime che non cadono mai.


Maglione che punge
Personaggio critico, ben vestito ma irritante.
Non parla ad alta voce, ma sempre al momento giusto per turbare.
Punge con frasi ben cucite
e crede di offrire eleganza quando distribuisce le sue correzioni.
Non sa ancora di aver ispirato un personaggio.


Riflesso
Ciò che vedi forse non sei tu,
ma ciò che cerchi di diventare.
I riflessi nell’Ego-Salon non adulano.
Interrogano. A volte si cancellano,
come per lasciarti apparire meglio.


Fuga interiore
Non si sbatte la porta,
ci si ritira all’interno — senza rumore.
È un esilio volontario per non esplodere.
La fuga interiore è l’arte di sparire
senza muoversi di un centimetro.


Silenzio attivo
Non è che non si abbia nulla da dire.
È che si preferisce ascoltare l’interno.
Il silenzio attivo prende appunti.
Scrive con gli occhi.
Parla con i gesti che non si osa fare.


Lettura inversa
È leggere ciò che non è scritto.
Ciò che si nasconde nel margine, nel respiro, nel non detto.
Una frase rovesciata può guarire più in fretta di un discorso logico.
Tutto dipende dal lettore e dallo specchio che accetta.


Perdono provvisorio
Lo si concede senza crederci.
Lo si riprende di notte.
Ma è già un inizio:
un “ti lascio passare”,
anche se non ti dimentico.
Il perdono provvisorio è un filtro: non sbianca nulla,
rallenta l’avvelenamento.


Registro
Alcuni parlano con parole antiche, altri con parole senza appoggio.
Il registro è il luogo dove la voce si colloca.
Cambiare registro, a volte, è sopravvivere.
E scrivere con il proprio è ritrovare la propria casa.


Anima perduta
Non è scomparsa. Si è solo allontanata.
Nell’Ego-Salon, non la si giudica.
Le si tende un testo, un’immagine, un caffè.
A volte ritorna da sola,
come un animale che riconosce finalmente l’odore del proprio nome.


Auto-riflessione fuori luogo
È quando si pensa a sé nel momento sbagliato.
O meglio: quando il momento diventa strano a forza di guardarsi.
L’auto-riflessione fuori luogo arriva senza preavviso.
Sorge in piena conversazione.
Appare tra gli scaffali delle verdure o guardando un bottone cucito male.
È l’ombra dello specchio che cambia posto.


Visita muta
Qualcuno è passato,
non si sa quando.
Ha letto in silenzio, osservato, sentito…
Poi se n’è andato senza lasciare traccia.
Ma qualcosa si è mosso nell’aria.
La visita muta è la più sincera.
Non cerca nulla, riconosce.


Errore fertile
È una svista che apre un campo.
Una falla ortografica che fa germogliare un’idea.
L’errore fertile non si vergogna,
si trasforma in un terreno di gioco.
Dice: « Mi sono sbagliata, dunque esisto. »


Puntura mentale
Una frase innocua, uno sguardo, una parola dimenticata…
E all’improvviso, punge nella testa.
Non è un dolore netto, ma un prurito dell’anima.
Si gratta, si rimugina, si ride.
La puntura mentale è il regalo involontario di chi non ci si aspettava.


Confessione silenziosa
Nessuno parla. Ma tutto si dice.
Attraverso l’atteggiamento, le mani, il silenzio troppo lungo.
Nel cabinetto del Dr. Fritz,
le migliori confessioni sono mute.
Chiedono soltanto una sedia libera e uno sguardo che non interrompa.


Oggetto relazionale urbano
Non è un oggetto. È una scusa.
Un guinzaglio, una borsa, un caffè da asporto, un cane troppo nervoso.
È ciò che permette di incrociare uno sguardo senza dire buongiorno.
L’oggetto relazionale urbano evita il vuoto
e a volte… provoca un incontro.
Ognuno dovrebbe sceglierlo con cura.


Lettura fuori tempo
Leggere quando non si dovrebbe.
Quando il mondo fa rumore, quando l’anima è altrove.
Ma a volte, è proprio nel fuoritempo che nasce la vera musica.
Non si capisce tutto…
Eppure, si sente che qualcosa è stato letto.


Bellezza discreta
Non grida.
Non cerca la luce.
È un gesto, una voce bassa, una frase dimenticata.
La bellezza discreta si riconosce quando tutto il resto diventa troppo pesante.
Non si impone mai — accompagna.


Tenerezza in disparte
Si crede che sia fuggita.
Ma aspetta solo che si abbassi il tono.
Non ama il rumore né le promesse.
Torna sempre…
quando non la si guarda più.


Ironia riparatrice
Non ferisce, consola.
È una risata che si prende cura di ciò che avrebbe potuto fare male.
L’ironia riparatrice non è derisoria,
è complice.
Dice: “Hai visto? Anch’io sono scivolata lì.”


Sguardo laterale
Non è una fuga.
È una strategia dolce.
Non guardare in faccia per vedere meglio l’essenziale.
Lo sguardo laterale schiva il dramma
e coglie le verità che non si guardano mai dritte negli occhi.


Caffè mentale
Si prende da soli, senza tazza.
Solo un momento tra due pensieri.
Un piccolo riscaldamento interiore,
prima di tuffarsi di nuovo nel rumore del mondo.
Il caffè mentale non sveglia —
ricentra.


Formulazione sbagliata
È ciò che si dice quando non si è colta l’intenzione.
Una frase può inciampare, ma mantenere intatto il suo cuore.
Nell’Ego-Salon, la formulazione sbagliata è tollerata.
A volte, le verità più belle si esprimono male.
Si esprimono come i bambini o i sognatori.


Ricordo mascherato
Si crede di averlo dimenticato.
Ma ritorna — mascherato, travestito da rumore di stoviglie,
da odore di vento o da parola incrociata.
Il ricordo mascherato si nasconde per farsi riconoscere in un altro modo.
È timido. Ma tenace.


Pudore resistente
Non si svela per piacere.
Attende. Osserva.
In un mondo di esposizione,
il pudore è una resistenza.
Dice: « Sono qui, ma non mi possederai. »


Sapere inutile
È un fiore nel deserto.
Non si sa perché lo si conosca,
né a cosa servirà.
Ma un giorno ritorna,
come una parola d’ordine dimenticata,
e salva una situazione o un’anima.


Slancio spezzato
Quel momento in cui ci si appresta a parlare,
a creare, ad amare…
e qualcosa interrompe.
Un rumore, un dubbio, un ricordo.
Lo slancio spezzato non si getta via:
si conserva, come una pietra preziosa ancora sepolta.


Lettura per scivolamento
Non è una svista di distrazione.
È un’altra forma di intuizione.
Leggere una parola per un’altra
e scoprire una verità nascosta.
Nel lessico, alcuni scivolamenti sono rivelazioni.
La lingua, a volte, ama giocare a sbagliare.


Il Corpus
Il corpus… bisogna nutrirlo, alleggerirlo, lasciarlo riposare,
come si lucida uno specchio antico per catturare meglio la luce.


Orafo
Colui o colei che plasma l’invisibile con pazienza, precisione e amore per il dettaglio.
Nell’Ego-Salon, l’orafo non lavora né l’oro né l’argento,
ma i silenzi, le frasi, gli sguardi, i frammenti d’anima.
Ogni parola lucidata diventa specchio.
Ogni pagina, un gioiello interiore da offrire senza imporlo.


Il Nove di picche

Carta scura, gettata sul marciapiede come firma cosmica.
Taglia di netto le illusioni e ricorda che dietro ogni perdita si nasconde una nuova lucidità.


L’impermeabile di fuga

Indumento chic perduto, trasformato in vessillo del distacco.
Oggetto che scivola via come prova che nulla ci appartiene davvero — tranne l’impulso di andare avanti.


Gli ultimi tre scomparsi

Amici volatili, blocchi online come sparizione dalla scena.
Insegnano, con il silenzio, che l’affetto donato non garantisce reciprocità.
La loro assenza diventa specchio: rivela la forza di restare in piedi, anche da soli.